Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone
che potete regolare sulla libertà della mia mente.
- There is no gate, no lock, no bolt that you can set upon the freedom of my mind
- Virginia Woolf.
Una stanza tutta per me. In questo periodo di isolamento e distanziamento sociale me lo ripeto spesso fra le mura di casa mia. E mi ritorna in mente il saggio di Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé, voce femminile di rinascita e riscossa della donna per il riconoscimento del suo posto nella società contro la cultura di un’elite maschile e maschilista. Ancora la voce di una donna.
Opera realizzata anche in una bella performance teatrale che ho applaudito un po’ di anni fa.
“Una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé per poter scrivere”.
Così come in un’altra stanza, la sua camera, per scelta e in abiti bianchi, scriveva in versi indimenticabili la straordinaria penna-voce di Emily Dickinson. Una decisione di esilio/ribellione volontaria, in cui si sono espansi in respiri profondi i suoi versi, sempre più attuali, sempre più nostri.
“Nella mia stanza sono consapevole”,
Inizia così una sua splendida lirica che lascio ai lettori la curiosità di scoprire.
La stanza di Emily.
Ed è nel vivere una stanza tutta per me che trascorrono i giorni del lockdown.
Tra le mie cose, i miei oggetti, la mia casa-rifugio: spazio di relazione, luogo di pensieri, tempo di azioni.
In questa primavera di anomali silenzi esteriori la stanza-casa può farsi cassa di risonanza di imprevisti e inattesi silenzi interiori, mi domando: li amplifica o li attutisce?
Mi sono anche chiesta spesso se questa situazione rappresenti più una prigionia o una forma di nuova, inespressa, libertà.
Quali sono le percezioni che accompagnano il continuo andare di questi giorni? Sono una dichiarata trappola della mente o, solo l’apparente disegno del proprio meccanismo
di sopravvivenza?
Sono il prudente sentire tenuto sotto controllo dalla volontà o il rischioso fronteggiare ansie e paure basato sulla determinazione di affrontare ogni momento lontano da un pensiero logico?
Sono causa di sogni perduti o di giorni protetti?
Lo scodinzolare e l’abbaiare acuto di Luce, la mia barboncina, mi richiama alla sua presenza, spingendomi a correre in terrazza per un gioco di andata e ritorno con la sua pallina preferita.
Spesso ho la sensazione che, con una volontà estremizzata dal suo raffinato senso canino, voglia decisamente ri-condurmi ad un qui e ora di partecipazione e di relazione che sento spesso sfuggirmi di mano. Ludico esercizio di realtà.
Che abbia udito il rumore dei miei affollati pensieri?
Fatto sta che riesce a portarmi fuori dalla stanza! In un cielo aperto che apre i polmoni all’azzurro e la pelle al tocco del refolo. Come non coccolarla per questo regalo!
Ho già trascorso 50 giorni in una stanza-casa tutta per me chiusa all’abbraccio dei miei affetti e dei miei amici, eppure così ricca di presenze!
La nostra mente è straordinaria nel farci cadere o liberare dagli inganni tipici che sono pronti a rovinarci la vita.
Quindi nel tentativo di non cadere in questi mal-esseri disfunzionali al mio ben-essere, quali il rimuginare il passato, il rivendicare le “ingiustizie” di un vissuto che provo sulla pelle, il lamentarmi di una situazione che non ho scelto ma subito, l’affannarmi nel condurre con ansia il mio lavoro di docente in una, sempre non compresa, e assolutamente in divenire, didattica a distanza, nel rincorrere una, vissuta in solitaria, alimentazione corretta che riesca a tenere in equilibrio desideri e salute, nell’assoluto rifuggire dalla ginnastica e dal movimento di una zumba guardata su Youtube, ho scoperto che esiste una spirale di luce che può condurmi lontano.
E’ il meraviglioso prendere forma del mio immaginario.
La ricerca di un ordine delle cose che inizia grazie a piccoli passi che contribuiscono poi a formare il viaggio. Un viaggio in cui rendere protagonista l’immaginazione all’interno della quale tutto si trasforma e, con lei condotta, mi meraviglio a trovarmi di nuovo creatrice di me stessa.
E’ così che i miei giorni di lockdown diventano godibili.
Nella comprensione che tutte le cose sono di passaggio e con la volontà che la mia storia non si ripeta uguale a se stessa.
Ho lasciato il passato. Schemi, modelli, aspettative si sono sfumati perché in questo periodo ho fatto di tutto per imparare a fare le cose diversamente, tralasciando vecchie abitudini e costruendone di nuove con la convinzione che siano più funzionali al mio presente.
Mi sono accorta che non ho aspettato il cambiamento ma l’ho assecondato e modellato come fosse argilla.
Nel manipolare il mio corpo-terra (sempre prezioso questo concetto rivisitato spesso nel mio percorso fotografico) ho perdonato tanto di me e ho imparato a ridere dei miei difetti, delle mie incertezze, accettato la fallibilità e, nel mio nuovo immaginario di donna, abbracciato le mie debolezze.
Ho capito, forse!, cosa significa lasciare andare chi sono per, come afferma Lao Tzu, avere la possibilità di diventare chi posso essere.
E, in questa stanza-casa sempre nuova, ogni muro lascia spazio a qualcosa di diverso: un mare, un oceano, un guizzo di fontana.
“Ci vorrebbe il mare”! (mi sembra di ricordarne i versi in una canzone) ed eccolo che appare!!! Lo avverto e lo sento addosso, acqua! Acqua che scorre, che bagna, fluida corrente, magica sorgente di vita.
Immaginario che fugge: altra canzone! Ed eccolo “Il Cielo in una stanza”!
Che non ha più pareti, ma alberi, alberi infiniti!!!!
E se anche tu non sei più con me, io so come poter amare per descrivere altre cento, mille canzoni.
Riesco a comporre milioni di suoni e melodie, proprio qui racchiusa in una stanza ai tempi del lockdown.
E mi accorgo che proprio adesso che ho imparato a sognare, non voglio smettere più.
Siano i miei sogni di oggi, protagonisti domani.
Siano le immagini nutrimento di vita.
Siano i desideri la mia fonte di illuminazione.
Siano questi giorni fonte di rinascita.
Sia questa stanza-casa-spazio-culla.
Sia io un’araba fenice ai tempi del lockdown.
Mi sono bastate le prime quattro righe in corsivo, per riconoscere lo stile di una cara amica e di un animo immolato alla poesia.
Grazie Paola per dedicarti a così oramai rare attività.
Nel mio percorso di lento approccio alla tua persona che vivo con passione e curiosità’ mi sono incuneato in questo tuo appello alla vita, alla rinascita. Le tue speranze le tue titubanze la tua nuova vita che con tanta freschezza hai saputo descrivere come una sorta di “diario dell’anima” ora si sono incontrate in un rapporto a tutto tondo immenso impegnativo e senza ritorno. E’ quello che mi auguro. E’ quello che spero. E’ quello che voglio. Una nuova vita abbandonando il passato immaginando una nuova grammatica dei sentimenti